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Acrobazie di ruoli: violenza di genere

Violenza di genere e inversione di ruoli: perchè?

Diamo per scontato che il fatto sia conosciuto e proviamo a fare un esercizio, un’acrobazia di ruoli.

Proviamoci, vediamo se capovolgendo riusciamo a capire qualcosa. Dubito, a dire il vero, che il capovolgimento possa esser completo, ma proviamoci.

Felice, un giorno in cui si sente particolarmente contento dell’amore che prova per la sua donna decide di mandarle un filmato di sé nudo con un primo piano del suo pisello, che lui considera l’artefice primo della sfrenata notte di sesso trascorsa con lei il giorno precedente. 

– Temo che il motivo per cui si manderebbe un video simile sia già una prima forzatura al nostro esercizio di capovolgimento. Ma andiamo avanti. –

Non sappiamo se la reazione della morosa sia stata di gioia, ma non è importante – anche se temo che questo produca un qualche stridore -.

Poi capita che il sole tramonti e che non ci si ami più. 

Forse Felice è stato un po’ troppo rude nell’interrompere il rapporto, magari anche stronzo, fatto sta che la sua ormai ex ragazza prende molto male questo distacco.

E lo sappiamo quanto il rancore possa essere cattivo consigliere. Nel caso di questa donna dal cuore infranto lo è a tal punto da suggerirle di girare il filmato alle sue compagne della squadra di volley del paese che milita nelle serie minori, contando di svergognare Felice. 

Qui però i problemi scoppiano, che c’è un corto circuito, perché il video del pisello di Felice non sortisce l’effetto sperato dalla ragazza; riempie  invece l’uomo d’orgoglio facendogli superare agilmente il primo momento di imbarazzo. 

Immaginiamo però, a vantaggio del nostro esercizio, che Felice abbia un piccolo problema – l’incubo terribile e la misura senza perdono per ogni uomo: il pisello piccolo. 

Immaginatevi l’imbarazzo del pover’uomo e le risate delle compagne di squadra della ragazza, che in un momento di solidarietà con la loro amica, decidono di girare all’universo mondo il filmato di Felice, prima di tutto ai propri morosi perché anche loro se ne facciano beffe.

Ma subito, c’è un secondo corto circuito perché nessuno dei maschietti in questione, a parte un iniziale  divertimento che varia dal sorrisetto alla sonora risata, va  mai oltre: il filmato perde di forza attimo dopo attimo, finché resta nella memoria di pochi. Felice forse addirittura impara come far l’amore con una donna, non contando solo sulla lunghezza del proprio pene, e questo, per di più, lo rende un amante migliore.

Nessuna ulteriore delazione, né approfondimento da parte della preside dell’asilo nido per cui Felice lavora. Tutto finisce lì, compresi i mancati titoloni dei giornali.

Proprio non mi viene in mente un altro esempio che possa portare al licenziamento dal proprio posto di lavoro di un uomo – etero – che viva la propria vita sessuale con gioia. Credo non ci sia. 

Altra questione se parliamo di gender fluidity…

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É un po’ un esperimento di genere

É un po’ un esperimento di genere essere genitori di due gemelli, uno maschio e l’altra femmina.

Per quanto cerchi di esser un genitore “gender fluid”, attento a non definire cosa sia maschile e cosa femminile, a non imporre punti di vista, ti scontri con un mondo culturale (che si esprime anche e soprattutto in termini commerciali) che invece vuole che ci sia e sia ben chiara questa divisione.

Così, certi che non ci saranno attività maschili o femminili che entrambi i gemelli non possano provare a fare, ci scontriamo comunque con delle istituzioni più o meno formali che indirizzano, volente o nolente, i nostri gemelli nelle direzioni maschile per Ettore e femminile per Olivia: mentre da un lato giriamo spesso con due bambine perché Ettore si veste anche con i vestitini di sua sorella, dall’altro risulta quasi impossibile trovare dei biberon che non siano di colore altro oltre al rosa o all’azzurro; le bambole sono gioco di entrambi, ma la figlia “barbie” di amici, trova con Olivia un accordo che esclude Ettore e crea chiaramente una mini società di piccole femmine. 

Perché è una questione di cultura, com’è ovvio. 

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Cultura e violenza di genere

Ma perché è una questione di cultura, cosa soggiace e supporta questa cultura? La risposta è ovvia anche in questo caso, e resta nella nostra forma di società che affonda le radici nel patriarcato: la gestione del potere di uno/pochi e la sua trasmissione da un maschio a il/i suoi discendenti/eredi, il tutto immerso in una gerarchia molto stretta. 

Perché una società ovviamente, si difende e difende le proprie posizioni, non concedendo ad altre opzioni che potrebbero minarla, di accedere a quei livelli di potere, e forma una gerarchia che svolge sia il ruolo di gestione del potere che di controllo, mirando a riunire tutte le persone attorno a idee condivise. La cultura mainstream. 

L’uniformità è importante perché crea sia riconoscibilità, e quindi gruppo, sia dà la sicurezza di proseguire questa forma di società; le deviazioni a questo tipo di cultura ovviamente vengono allontanate. 

Considerandoli come dato fisiologico, ultimamente pare si accettino anche le minoranze – a patto che tali restino – anche se le critiche che possono porre vengono accolte con molta, sfibrante, attesa. Apparentemente sembrano accolte per concedere, ma probabilmente più per inglobare e quindi smorzare il dissenso.

Eppure non esiste un’eminenza grigia che tutto vede e guida: la società si è auto composta secondo questi canoni e prosegue variando il minimo possibile.

È in fondo tutto ovvio, no?! La nostra storia è basata sulle guerre e questa società ne è la conseguenza: una società di guerra, in tempo di pace, insomma; più disposta a lottare che discutere, che non si mette in discussione in nessuno dei suoi gangli di gestione del potere, primo dei quali la famiglia “tradizionale” che garantisce la tenuta della base produttiva e di conformazione sociale.

La cultura è uno strumento importantissimo in questa organizzazione base della società e deve quindi definire quale siano il ruolo e funzioni all’interno della famiglia.

E qui veniamo a noi.

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Definizione dei ruoli

La “punizione” per la maestra si inserisce all’interno di questo quadro di definizione delle funzioni dei ruoli e nello specifico, del ruolo femminile nella società: usare lo strumento del ruolo sociale per vendicarsi e cercare di emarginare dalla società non è altro che ribadire l’importanza di questi ruoli. È una violenza infida, che si nutre subdolamente di un sicuro consenso sociale: facendola passare per una donna “facile”, che la dà a tutti e quindi un pericolo per la “famiglia tradizionale”, il risultato in molte fasce culturali di questa nostra società non può che esser quello, l’espulsione dalla società stessa, ammennicoli compresi. 

Ma questo, alla fine, è quello che – illusi noi – ci si potrebbe aspettare da un uomo e una combriccola di amici con seri problemi di maturità emotiva, non da un’istituzione scolastica, e tanto meno da testate nazionali. Altrimenti, si conferma esattamente quanto postulato prima…

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Le cose stanno cambiando.

Lentamente. Non fosse altro perché noi uomini, sempre più, ci rendiamo conto di quale lotta immane e giusta abbia fatto e stia facendo il femminismo. Non fosse altro perché il femminismo ha fatto da ispirazione, esempio e traino a tutte le altre istanze delle minoranze sociali. Non più, non solo, per reclamare e difendere un posto di pari dignità nella società, ma soprattutto per ridefinire questa società stessa, non per negazione ma per proposta. Possiamo collaborare tutti a  questa nuova definizione della società e del ruolo degli individui all’interno di essa, oltre il patriarcato, forse anche oltre il matriarcato. 

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