I ragazzi del ’99 hanno rappresentato nell’immaginario dell’Italia del dopo prima guerra mondiale, il fiore della gioventù che per la Patria ha combattuto.
Degli eroi.
Le gesta degli eroi però, hanno sempre un lato negativo: la retorica del fascismo ha usato i loro meriti per celebrare la nascita di una nazione nuova. Di un “impero”.
Ma con l’arrivo della seconda guerra mondiale, i ragazzi del 99 e l’Italia sarebbero presto usciti dalla retorica fascista, scorgendo fra le pieghe dei propri ricordi quella mancanza di reale motivazione che stava dietro l’entrata in guerra dell’Italia nel ’15 e che si ripeteva nel ’40.
Quei racconti, finalmente genuini, forse hanno rappresentato l’inizio di una semplice verità di cui di lì a breve l’Italia avrà bisogno per ricostruirsi.
Informazioni
’99 Rico va alla guerra
Spettacolo teatrale / musicale
con Marco Artusi e Davide Peron
Regia di Marco Artusi
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Sinossi
I ragazzi del ‘99 hanno rappresentato nell’immaginario dell’Italia del dopo prima guerra mondiale e per un cinquantennio almeno, il fiore della gioventù che per la Patria ha combattuto, si è sacrificato, immolato e ha vinto.
Non che prima non ci fossero stati altri ragazzi in guerra ma dovendo eleggere dei campioni, gli ultimi diciassettenni andati al fronte son stati la scelta naturale: i rappresentanti di un paese giovane che costruiva la propria identità, finora incerta, sulle gesta eroiche di ragazzi che dal Piave son riusciti a ribaltare un conflitto che sembrava disperato.
Degli eroi.
Ma le gesta degli eroi hanno, purtroppo, sempre un lato negativo: la retorica del fascismo ha usato i loro meriti a proprio vantaggio per celebrare la nascita di una nazione nuova.
Di un impero.
Ecco quindi che con l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, oltre ad affidare alla nuova gioventù le sorti della Patria, è stato del tutto naturale affidarsi anche alla vecchia gioventù, per avere maggiore certezza di vittoria: i ragazzi del ‘99 richiamati in servizio.
Quale ruolo possono aver svolto questi richiamati prima di venir congedati, spesso per carenza di materiale con cui equipaggiare le truppe, più che per anzianità? Quale esperienze possono aver passato a dei ragazzi che si sarebbero trovati ad affrontare anche loro una guerra di lì a breve tempo?
I racconti che sicuramente i nonni fecero ai boce in quelle caserme, in attesa della destinazione, forse sono stati il momento in cui veramente i vecchi ragazzi rividero con il distacco necessario le vicende avvenute vent’anni prima. E forse non tutti, ma molti certamente, riuscirono ad uscire dalla retorica che da un ventennio li pervadeva scorgendo fra le pieghe dei propri ricordi, quella mancanza di reale motivazione che stava dietro l’entrata in guerra dell’Italia nel ‘15 e che si ripeteva in quel sciagurato giugno del ‘40.
Quei racconti, finalmente genuini, fatti ad una platea giovane e presumibilmente avida di esperienze, forse hanno rappresentato la fine della retorica e l’inizio di una semplice verità di cui di lì a breve l’Italia avrà bisogno per ricostruirsi.